Quando parliamo di pensieri disfunzionali, parliamo di frasi che ci auto diciamo e che ci giudicano, ci fanno stare male e ci bloccano. Questi messaggi al contrario di quelli funzionali sono: irrealistici, illogici e rigidi.
I nostri comportamenti sono influenzati dai nostri pensieri. E i nostri comportamenti dicono molto su come pensiamo.
Pensiamo che siano gli eventi che accadono nella nostra vita a farci provare emozioni dolorose. Ma se non fosse così? Tra le emozioni e l’evento dobbiamo prendere in considerazione anche ciò che accade all’interno della nostra mente. Cosa ci diciamo quando commettiamo un errore? Non è l’errore stesso a farci stare così male, è ciò che invece ci diciamo, il nostro critico interiore a farci stare male.
Alcuni esempi di questi pensieri automatici e disfunzionali che si attivano nel momento in cui commettiamo un errore sono: “sono stupido” “non sono capace di fare niente” “nessuno mi vorrà più” “sono un disastro” “sono brutto”.
Secondo quanto detto quindi, ciò che influirebbe sul nostro malessere è il giudizio e la percezione della realtà. Un errore, ad esempio, può essere percepito come l’ennesima conferma che “sono un disastro” o come la prova che mi sto impegnando nel costruire qualcosa di nuovo e che questo percorso passa necessariamente attraverso dei fallimenti che mi permettono di crescere e di imparare.
Cosa ci porta ad avere questi pensieri disfunzionali?
I pensieri disfunzionali sono influenzati dalle nostre esperienze passate. Se da piccolo e per tutta la vita mi hanno fatto sentire “un disastro”, perché magari rovesciavo un bicchiere o sporcavo qualcosa. Possono essere eventi normalissimi per un bambino ma se i genitori affibbiano questa etichetta al bambino in ogni occasione allora probabilmente verrà da lui interiorizzata.
Tuttavia, non solo le nostre esperienze influenzano il nostro critico interiore, ma anche la nostra personalità, l’opinione che noi abbiamo di noi stessi (autostima) e le nostre aspettative su noi stessi, sugli altri e sul futuro.
Come si fa a conviverci?
Attraverso la terapia, il terapeuta cognitivo comportamentale ti aiuterà a identificare questi pensieri e a prenderne consapevolezza. Una volta raggiunto questo importante obbiettivo vanno sostituiti con pensieri più funzionali, ma non in modo brusco, con accettazione e senza mai criticarli.
Un esempio: “sono un disastro”, okay non trovo evidenze che mi confermino che sono un disastro, forse potrei non essere un disastro, tutti commettiamo errori, forse è giusto capirmi e giustificarmi, in fondo sono bravo a fare molte cose uno sbaglio non mi definisce come persona.
Se non hai la possibilità di rivolgerti ad un terapeuta, per il momento prova a rispondere a queste domande quando ti accorgerai di criticarti:
- Cosa è successo?
- Che pensieri ti vengono in mente?
- Che emozioni ti provocano?
- Ora dammi una prova che questi pensieri non sono veri
- Sostituiscili con dei pensieri più realistici (aiutandoti con queste domande di seguito)
- Qual è la prova che il tuo pensiero è vero?
- Esiste una spiegazione alternativa?
- Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere? E qual è la conseguenza più realistica?
- Qual è la cosa migliore che potrebbe accadere e la sua conseguenza più realistica?
- Che effetto ti fa credere nel pensiero disfunzionale? Se cambiassi il modo di pensare quale sarebbe l’effetto?
- Se un tuo amico fosse nella stessa situazione cosa gli diresti?
- Come ti senti adesso?
Queste brevi domande fanno parte dell’ABC della terapia cognitivo comportamentale.